Políticas migratorias en Italia y Españados países en comparación (punto de vista romanista)

  1. Coco, María
Dirigida por:
  1. María del Carmen Jiménez Salcedo Director/a

Universidad de defensa: Universidad de Córdoba (ESP)

Fecha de defensa: 23 de junio de 2022

Tribunal:
  1. Juan Miguel Alburquerque Sacristán Presidente/a
  2. Salvador Ruiz Pino Secretario/a
  3. Esther Pendón Meléndez Vocal

Tipo: Tesis

Resumen

1. introducción o motivación de la tesis Negli ultimi decenni l’Italia, e l’intera Europa, da Paese di emigrazione è sempre più divenuto Paese di Immigrazione, facendo così emergere un passato latente che l’Italia condivide con la maggior parte delle altre popolazioni mondiali ma che oggi, più che mai, anche a seguito della globalizzazione, fa sì che le strade e le piazze di ogni paese del mondo contino la presenza sempre più consistente e visibile di cittadini stranieri. Nel passato, in molti paesi europei e del mondo intero, l’emigrazione nasceva dalla necessità di uscire dal proprio paese di origine per andare a “fare fortuna” in altri paesi più ricchi in cui le possibilità di lavoro apparivano più propizie. Le due grandi guerre sono state la molla principale della emigrazione europea e mondiale ed anche l’Italia, non la Spagna perché ricordiamolo, ancora sotto il regime del Generale Franco, ha sperimentato gli aspetti connessi alla mobilità in uscita e in entrata dal Paese: di questi flussi è rimasta traccia nella società da un punto di vista demografico, sociale, di memoria collettiva ma anche giuridico. L’Italia e la Spagna sono due Paesi di emigrazione e gli immigrati arrivano sulle coste spagnole ed italiane per poi transitare, se non vi sono le condizioni, verso gli altri paesi europei che rappresentato il paradiso dal punto di vista lavorativo e condizioni di vita. Tale fenomeno è riscontrabile sin dall’Impero Romano, ha attraversato i secoli ed i millenni assumendo via via caratteristiche diverse nonostante le varie spinte emotivo-sociologiche, pur rimanendo nelle radici simili, giungendo fno alla seconda metà degli anni Settanta del XX secolo, periodo nel quale l’emigrazione, intesa come grande esodo di massa di forza lavoro, cala drasticamente e cede il passo alle nuove mobilità di lavoratori più specializzati rispetto al passato, tecnici, imprenditori ecc. . Questo nuovo trend, infine, tra gli anni Ottanta e Novanta, si consolida e si arricchisce ulteriormente grazie a nuovi cambiamenti che si verificano nel Paese e nel contesto europeo. Gli arrivi dovuti ai flussi migratori, pur se rallentati in Italia dalla politica anti migrazione attuata negli ultimi anni e modificata negli ultimi mesi a causa della pandemia mondiale, ha spinto le nuove masse verso altri Paesi europei tra cui la Spagna. Sarà nostro compito analizzarne le caratteristiche e l’impatto che il fenomeno stesso produce pur nella sua continuità nelle diversità dei due Paesi a confronto. Il presente lavoro ha lo scopo di analizzare le modalità, i presupposti e le motivazioni che stanno alla base delle emigrazioni contemporanee, con una particolare attenzione all’aspetto dell’autopercezione del percorso migratorio e delle motivazioni che hanno supportato tale scelta. Questa analisi viene introdotta in prima istanza dalla presentazione delle differenti realtà storico-politiche tra i due paesi a confronto, per poi valutare le caratteristiche delle scelte politiche attuate dagli stessi nonché la gestione del fenomeno e i suoi relativi percorsi e, infine, valutare i quesiti legati al futuro del fenomeno medesimo. A seguito delle considerazioni fino a qui esposte, l’analisi delle tappe del fenomeno migratorio da cui inizia il presente percorso che ha, pertanto, lo scopo di delinearne le principali caratteristiche in termini di cause, destinazioni e impatto sul sistema nazionale dei flussi di emigrazione nel corso dei secoli. 2.contenido de la investigación Dal momento che il fenomeno ha radici lontane nel tempo, si è proceduto con una disamina delle principali caratteristiche che il fenomeno ha assunto nel corso dell’Età moderna e contemporanea. Su quest’ultima fase, per ragioni di prossimità temporale, ci si è maggiormente soffermati, analizzandone più nel dettaglio le caratteristiche e i flussi che l’hanno caratterizzata. Partendo dall’epoca romana a cui è doveroso fare cenno, in particolare, lo studio dell’emigrazione nell’Età contemporanea è stato condotto sulla base di una convenzionale suddivisione storica in quattro fasi a partire dall’epoca post‐unitaria fino agli anni Settanta del Novecento. L’intento è stato quello di porre in rilievo le caratteristiche e i mutamenti occorsi nei decenni anche a fronte dei cambiamenti verificatisi nel contesto nazionale e internazionale. Tale approccio allo studio dell’emigrazione ha lo scopo di analizzare in un’ottica di continuità, i principali flussi, le motivazioni e le ripercussioni sul territorio nazionale e internazionale provocati da questi spostamenti. Appare interessante, per questo motivo, analizzare come stanno preparando due importanti paesi europei, la Spagna e l’Italia, anche se con storie profondamente diverse, a comprendere nello stato nazionale, sempre più minato alle sue basi, un numero sempre maggiore di stranieri e a realizzare una convivenza pacifica tra etnie diverse. Entrambi i paesi, il primo paese di vecchia immigrazione, il secondo di nuova, hanno avuto un ruolo importante nella storia delle migrazioni internazionali ma in due momenti diversi, il confronto tra essi servirà, allora, per comprendere le differenze e i lati in comune delle politiche migratorie. L' interesse del paragone è nato dalla constatazione che oggi, le migrazioni hanno assunto un ruolo fondamentale nello scenario mondiale, in particolar modo per quel che riguarda gli aspetti demografici ed economici. La Spagna e l’Italia, pur nella loro diversità, si ritrovano, attualmente, a dover trovare soluzioni comuni essendo entrambi afflitti da questi problemi. Restano tuttavia profonde differenze, determinate dal fatto che la Spagna ha assunto nel tempo una politica assimilazionista, naturalizzando i suoi stranieri e concedendo loro pari diritti civili e politici; l'Italia, invece, reduce da un lungo passato di paese d'emigrazione, ancora non sicuro della sua potenza economica, ha tentennato nell'attuare politiche d'integrazione anche se, negli ultimi anni, sembra aver intuito le enormi potenzialità che vi sono dietro all'afflusso degli stranieri. Sarà mio compito, “passeggiare” tra la situazione reale e la normativa dei due paesi per metterli a confronto. Il presente lavoro, dunque, intende mettere a confronto, anche se in maniera indiretta, le politiche migratorie attivate nei due paesi e, inoltre, soffermarsi su alcuni aspetti relativi all’inserimento degli immigrati nel tentativo di individuare le principali aree problematiche, che scaturiscono dall’attuazione delle diverse leggi in materia. 3.conclusión Si sta delineando, pur con tutti i problemi che questo comporta e con grande fatica, una società multiculturale. La società occidentale odierna ha un compito molto arduo che dovrebbe realizzare cercando di armonizzare le necessità sempre più crescenti sia dei popoli ospitanti che delle popolazioni ospitate. Pertanto, si dovrebbe creare una nuova struttura societaria in cui , mantenendo l’uguaglianza primaria tra tutti i suoi componenti, l’armonizzazione tra e culture diviene l’obiettivo principale diretto a mettere in risalto tutti i punti positivi che ogni singolo individuo presenta ed armonizzarlo con l’altro, anche nella sua negatività. Solo con un confronto diretto, ogni soggetto è chiamato a decostruire la sua cultura per lasciare spazio alle altre e ricostruire la propria alla luce di nuove acquisizioni non solo per convenienze economiche e demografiche ma, soprattutto, per allargare agli altri paesi il livello di benessere che ha raggiunto, sulle orme di quello che fece l'America con l'Europa decenni fa. Le migrazioni hanno oggi un ruolo che non può più essere trascurato in quanto da esse dipenderanno i futuri equilibri mondiali. Da questo lavoro è emerso con chiarezza che le politiche migratorie sono uno strumento fondamentale per la gestione dei flussi migratori, allo stesso tempo, esse possono andare in direzioni diverse, determinando effetti opposti. In questi ultimi giorni, a seguito dell’instaurazione del regime talebano, gli afgani sono ripiombati nell’incubo del terrorismo, della miseria e della distruzione sociale. Ritengo, pertanto, che salvare questa popolazione, acquisendola nel sistema europeo, può rappresentare una ulteriore ricchezza di cui l’Europa anche se inconsapevolmente, può trarne beneficio. La commistione di popolazioni arricchisce la mente umana e le dà la possibilità di valutare e sperimentare nuovi orizzonti che si possano rivelare futuristici e migliorativi della vita di tutti. Si pensi soltanto alla ricchezza di cui i cittadini europei potranno godere a seguito della acquisizione di popolazioni di altri Paesi extraeuropei proiettati verso un dove che nei contenuti appare necessariamente diverso dagli obiettivi che l’Europa si è data nel corso degli ultimi anni ma che , nel costruire un nuovo meltin pot da cui far scaturire nuova conoscenze al servizio della società ormai divenuta multirazziale e più che globale. La Spagna e l’Italia, come sopra rilevato, pur se simili nel comportamento verso il fenomeno migratorio, hanno forzatamente dovuto prendere atto delle differenze basilari che gli immigrati portano quale patrimonio di usi, costumi, religioni e credenze che hanno ormai, da tempo, modificato inevitabilmente il modo di pensare sociale sia verso aperture positive che verso quelle negative. In Italia, ad esempio, il gioco altalenante della politica , ora distensivo ora restrittivo, ha determinato una migrazione c.d. di passaggio poiché i migranti arrivano in Italia , non per fermarsi ma per far si che possano giungere negli altri Paesi Europei , a loro dire, più attrezzati soprattutto per il lavoro che nel nostro Paese ha sempre rappresentato una nota dolente. Al contrario, in passato, in Italia vigeva una politica più aperta e disponibile non sempre vista di buon occhio dall’Europa, di già abituata alla cultura mista, mentre la Spagna era riuscita a creare la sua unità politica anche se formata da gruppi culturalmente diversi, ai quali aveva concesso pari diritti civili e politici. L'Italia, rispetto alla Spagna, non ha attuato politiche assimilazioniste e di piena integrazione poiché la legislazione non ha mai definitivamente attuato detto processo, iniziato con buoni intenti ma inevasi sin dai primi anni in cui si sviluppò il fenomeno migratorio. In alcuni campi come quello abitativo si riscontrano le stesse lacune nei due paesi; l'attuazione di politiche settoriali non incluse in politiche sociali più ampie ha determinato, infatti, la marginalizzazione e la segregazione delle fasce più povere. Nel campo lavorativo, invece, emerge un elemento positivo: per quanto riguarda il lavoro autonomo, infatti, si riscontra lo stesso sviluppo delle imprese etniche secondo la stessa tipologia (imprese esotiche, rifugio); per quanto riguarda il lavoro dipendente, invece, vi è in Spagna una più ampia gamma di occupazioni svolte dagli stranieri, anche dipendente dal numero maggiore di anni di insediamento sul territorio degli immigrati. E’ solo dagli anni Novanta che l’inserimento di persone straniere è visto con uno sguardo interculturale; l’intercultura in sé non esiste, esistono rapporti tra persone appartenenti a diverse culture per cui diventa compito della società d’accoglienza utilizzare strumenti che li favoriscano. L’inserimento dei minori stranieri nella società d’accoglienza è occasione di stimolo sia per la nostra cultura sia per quella d’origine poiché, da una parte, costringe i genitori stranieri a rapportarsi maggiormente con il nuovo ambiente, sia in ambito scolastico che in quello extrascolastico, dall’altra stimola gli insegnanti e gli educatori locali a concretizzare interventi più opportuni per aiutare i giovani emigranti a mantenere la propria identità perché fonte di ricchezza, insegnando loro a dialogare con la cultura locale pur se in presenza di diversità. In questa società multietnica deve essere rivalutato come grande risorsa il ruolo della famiglia, inteso come ambiente dove si educa ai valori cardine di una società aperta al cambiamento. Bisogna partire dal privato per formare persone responsabili e democratiche che siano in grado di accettare le differenze senza discriminazioni. Entrambi i paesi, pur avendo messo in pratica diverse politiche d'inserimento per i minori nelle scuole, devono ancora fare molta strada per raggiungere questo obiettivo e superare le tante lacune esistenti. Sarà compito della politica illuminata (si spera!) dei Paesi ospitanti attuare strutture politiche d'integrazione (non di assimilazione perché soffocano le radici culturali degli stranieri, non di respingimento perché creano effetti perversi come l'ampliamento dell'area degli irregolari), corredate da adeguata e corretta informazione mediatica per arginare le ingiustificate paure sociali e un serio impegno politico che vada sempre più aldilà delle strette politiche nazionali e si inserisca nel più largo contesto europeo. In entrambi paesi, invece, la politiche attuate dai vari governi, (anche quelli di centro sinistra) sono state scarsamente incisive. L’Europa Unita è l'occasione per omologare le politiche migratorie: ne è un esempio concreto la Carta del cittadino europeo che, anche se condivisa in maniera diffusa, nasce tra molti contrasti e differenze d’opinioni, ma che comunque, si spera sia destinata a fornire ai paesi europei uno strumento per l’attuazione di concrete politiche di riferimento per la costituzione di società multietniche.  Società multietniche del futuro in cui l’apporto determinante di ogni individuo indipendentemente dalla provenienza costituisca un fattore di pieno accrescimento per l’intero sistema sociale. 4. bibliografía Ambrosini, M., & Boccagni, P. (2012). Cercando il benessere nelle migrazioni: l'esperienza delle assistenti familiari straniere in Trentino. Cercando il benessere nelle migrazioni, 1-140. Andall J., Gender, migration and domestic service. The politics of black women in Italy, Aldershot, Ashgate, 2000. Per un’analisi storica dell’Europa occidentale, si veda K. 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